Nel cuore della pianura emiliana, dove i confini amministrativi fra Bologna, Ferrara e Modena si dissolvono in un paesaggio di campi coltivati e corsi d'acqua, sorge un edificio che racchiude sei secoli di storia: il Castello di Galeazza.
La sua origine affonda nell'epoca medievale, quando Galeazzo Pepoli, condottiero bolognese e Cavaliere di Cristo, decise di trasformare una terra concessa in enfiteusi dal Monastero di Nonantola in una fortezza che rappresentasse il suo potere e il suo legame con questi territori. Era il 1353 quando questa concessione diventò il fondamento di una dinastia territoriale, ma solo dopo il 1379—anno della Battaglia di Marino in cui Pepoli combatté al fianco di Alberico da Barbiano in difesa di papa Urbano VI—che il condottiero decise di stabilirsi definitivamente su queste terre, abbandonando la vita militare per quella signorile.
La torre che diventò il cuore dell'insediamento non era soltanto una struttura difensiva: rappresentava l'identità stessa di una famiglia nobile in un'epoca in cui il controllo del territorio passava attraverso la visibilità fisica del potere. Si dice che Galeazzo Pepoli volle dedicare alla moglie Anna Boschetti un torricino costruito sulla sommità della torre principale, un gesto romantico che anticipava di secoli il sentimentalismo del XVIII secolo. Il torricino "Anna", come venne chiamato, si erge ancora oggi come testimonianza di questo affetto, sebbene la forma e i materiali siano stati trasformati dalle esigenze costruttive moderne.
La documentazione archivistica preservata nei Cabrei dei Pepoli, conservati presso l'Archivio Storico della Biblioteca Comunale di Crevalcore, fornisce una prospettiva particolarmente rilevante sulla struttura dell'insediamento. Questi registri nobili, compilati fra il XVI e il XVIII secolo, rappresentano più che semplici documenti catastali: sono testimonianze pluristratificate della gestione patrimoniale, contenenti disegni prospettici, piante architettoniche, descrizioni dettagliate e annotazioni amministrative. Una doppia pagina del secondo volume, datato 1672, mostra sia una prospettiva schematica del complesso fortificato che una pianta in cui emergono le funzioni degli ambienti: sala, cucina, corte. Un'altra rappresentazione cartografica del 1692 illustra il castello nel contesto agricolo circostante, con una mappa dei giardini e della corte che rivelano l'organizzazione dello spazio esterno secondo i principi geometrici dell'epoca. Questi documenti, benché sommari nei dettagli architettonici secondo i criteri contemporanei, costituiscono risorse inestimabili per ricostruire l'evoluzione della struttura nel corso dei secoli.
La proprietà rimase nelle mani della famiglia Pepoli fino alla seconda metà dell'Ottocento, periodo in cui subì una trasformazione radicale. Nel 1870, Alessandro Falzoni-Gallerani, figura eclettica di banchiere, letterato e appassionato cultore di cavalli da trotto, acquisì il castello con l'intenzione di trasformarlo in una raffinata dimora secondo i dettami del romanticismo medievale che aveva conquistato l'Europa. Falzoni-Gallerani, noto nei circoli culturali di Cento come "il Gobbo" per una lieve gibbosità sulle spalle, incarnava quel tipo di mecenate illuminato che caratterizzava parte della borghesia padana del secondo Ottocento. La sua visione progettuale si affidò alle "ispirazioni architettoniche" del conte Annibale Bentivoglio, ingegnere bolognese che ridisegnò completamente la struttura, ampliandola e conferendole gli elementi decorativi tipici del neogotico: merli ghibellini, torricini cilindrici, e una scenografia architettonica che richiamava atmosfere medievali pur mantenendo il comfort della modernità.
Gli interni furono arricchiti da prestigiosi interventi decorativi che trasformarono gli spazi in una galleria di intenzioni simboliche. Il pittore bolognese Luigi Samoggia e il riminese Giuseppe Ravegnani realizzarono una decorazione a tempera che percorre i saloni della dimora, caratterizzata dall'uso di blu acceso, stemmi municipali, e allegorie patriottiche riflettenti lo spirito risorgimentale.
Una lapide datata 1874, scritta dal letterato bolognese Carlo Pepoli, testimonia l'importanza attribuita a questi lavori decorativi, ancor oggi ritenuti fra i più significativi esempi di arte ambientale ottocentesca in territorio emiliano. Lo scultore centese Stefano Galletti contribuì ulteriormente, creando opere in marmo bianco che ornavano gli spazi interni.
A proposito della scuderia e di cavalli, merita menzione speciale la figura di Vandalo, il leggendario stallone che lo stesso Vittorio Emanuele II aveva ritenuto indomabile e restituito. Falzoni-Gallerani riconobbe nel cavallo un potenziale nascosto, applicando una pazienza meticolosa e l'espediente di associargli un cagnolino per calmarne il temperamento focoso. Il risultato fu la trasformazione di Vandalo in una leggenda equestre nazionale, con oltre trecento vittorie alle corse, simbolo vivente dell'Italia che si preparava all'Unità. Il cavallo divenne parte integrante dell'identità del castello, motivo di orgoglio culturale non meno che economico.
La trasformazione dei giardini costituisce un capitolo altrettanto significativo della rielaborazione ottocentesca dell'insediamento. Dove un tempo si estendevano i semplici orti "all'italiana" documentati nelle mappe seicentesche, Falzoni-Gallerani fece realizzare un romantico parco "all'inglese" che occupasse ettari di territorio. Questo giardino paesaggistico, con i suoi viali sinuosi, boschetti di alberi centenari—magnolie grandiflore, cedri dell'Himalaya, platani, betulle, un antico Ginkgo biloba—e la suggestiva ghiacciaia nascosta fra gli alberi, incarnava le aspirazioni estetiche del romanticismo europeo. La ghiacciaia, struttura sotterranea tipica delle dimore signorili pre-refrigerazione, rappresentava sia un'ingegnosa soluzione tecnica per la conservazione dei cibi sia un elemento scenografico che arricchiva l'esperienza del parco. Una fontana circolare nel cortile anteriore e gabbie per uccelli completavano un quadro di bellezza e raffinatezza.
Nel corso del XX secolo, dopo la morte di Falzoni-Gallerani nel 1906, il castello passò attraverso diverse proprietà e utilizzi. Fu solo nel 2003 che il complesso ritrovò una nuova missione culturale: l'americano Clark Anthony Lawrence fondò "Reading Retreats in Rural Italy", un'associazione che trasformò gli spazi medievali e ottocenteschi in centro culturale dedicato ad ospitare musicisti, scrittori e artisti. Durante questi anni di rinascita come luogo di incontro creativo, il castello si riempì di concerti di musica classica e jazz, letture pubbliche, mostre d'arte e spettacoli teatrali. Il parco venne curato con dedizione particolare, ospitando varietà rare di piante e alberi acquisiti da tutto il mondo. Questa esperienza rappresentò una rielaborazione contemporanea del significato stesso del castello: non più rifugio aristocratico, ma spazio di condivisione e di creazione condivisa.
La notte del 20 maggio 2012 interruppe bruscamente questa parabola di rinascita. Il terremoto che devastò l'Emilia colpì il Castello di Galeazza con violenza devastante, provocando lesioni strutturali significative. Il 29 maggio, le scosse successive causarono crolli parziali estesi, trasformando questa struttura di sei secoli in un ammasso di macerie. Le immagini delle mura sventrate circolarono nel mondo dei media, trasformando il castello in simbolo della fragilità del patrimonio culturale di fronte alle forze naturali. Per anni, lo spazio rimase abbandonato e interdetto al pubblico, affidato ai silenzi del degrado.
Fu proprio questo abbandono protratto che attribuì al Castello di Galeazza un nuovo nome nel linguaggio degli esploratori urbani e dei cosiddetti "urbexer": "Castello del Gigante". Nel corso dei lunghi anni di chiusura fra il 2012 e il 2020, il sito divenne meta ricorrente di ricognizioni clandestine, documentate in diari, fotografie e video che circolavano nelle comunità online dedicate all'esplorazione di spazi abbandonati. L'appellativo evocava sia l'atmosfera spettrale del luogo devastato sia la maestosità della struttura che emergeva dal degrado, divenendo testimonianza del fascino morboso che gli edifici storici arrecano quando tornano allo stato selvatico.
Il capitolo della devastazione non rappresentò comunque il finale della narrazione. A partire dal 2020, grazie ai finanziamenti della Regione Emilia-Romagna per la ricostruzione post-sismica, il castello intraprese un nuovo e ambizioso percorso di restauro. Questo intervento, coordinato dalla proprietaria attuale—l'architetto bolognese Silvia Bettini, che ereditò la struttura dalla zia Anna Bettini—richiese oltre cinque milioni di euro e si concluse nel 2024. Una decisione particolarmente significativa riguardò il torricino "Anna": anziché ricostruirlo in pietra secondo la forma originale, gli esperti scelsero di realizzarlo in acciaio Corten, materiale robusto e resistente alla corrosione, in grado di preservare la forma storica adattandola alle necessità della conservazione contemporanea. Nei muramenti vennero riutilizzati i mattoni originali recuperati dalle macerie, operazione che rappresenta un delicato equilibrio fra restauro filologico e necessaria modernizzazione delle tecniche costruttive.
Oggi, il Castello di Galeazza incarna pienamente il concetto di palinsesto storico: la torre trecentesca di Galeazzo Pepoli, la trasformazione romantica voluta da Falzoni-Gallerani, le decorazioni artistiche di Samoggia e Ravegnani, il giardino all'inglese con i suoi alberi centenari e la suggestiva ghiacciaia, l'esperienza culturale contemporanea di Clark Lawrence, il dramma del terremoto e infine la rinascita attraverso il restauro. Ogni strato di questa storia rimane visibile nelle strutture, nelle sale decorate, nel paesaggio circostante. Il castello rappresenta non solo una testimonianza dell'evoluzione dell'architettura e del gusto estetico, ma anche della capacità della comunità e delle istituzioni di reagire alla perdita e al degrado con dedizione e risorse. Con la conclusione dei lavori di restauro e la riapertura al pubblico attraverso il FAI, il "Castello del Gigante" torna finalmente a vivere, pronto a raccontare ai visitatori contemporanei le sue molteplici storie, fra memoria medievale, sogni romantici ottocenteschi e aspirazioni di riscatto contemporaneo.
Bibliografia, link ed altri documenti utili alla stesura dell'articolo:
- Ringrazio l'Associazione Castello di Galeazza ETS, in particolare il Presidente Dr. Massimo Pregarz, per avermi guidato all'interno del castello, illustrandomene l'affascinante storia.
- Sito ufficiale del Castello di Galeazza
- Su Galeazza.com avrete modo di leggere tutte le attività svolte presso il Castello di Galeazza dall'Associazione Reading Retreats dal 2003 al 2012
- La bellezza ritrovata del castello di Galeazza – articolo di Stefano Marchetti su Il Resto dle Carlino (12 ottobre 2024)
- Riapre i Battenti il Castello di Galeazza – articolo di Adriano Orlandini su Supercomuni n. 4 - aprile 2025
- Il castello e la statua del gigante – articolo di Marianna Arduini su Ascosi Lasciti (29 gennaio 2015)
- Gardenvisit.com – Castello di Galeazza
- Grazie al FAI torna a splendere il Castello di Galeazza – articolo di Max Mazzanti su bolognacronaca.it (11 marzo 2025)
- Vandalo, il mitico cavallo trottatore simbolo dell'Unità d'Italia – post sulla pagina facebook Storie di Pianura e dintorni (14 maggio 2025)
- La Stanza dei Giochi del Castello di Galeazza di Crevalcore – post sulla pagina facebook Storie di Pianura e dintorni (9 maggio 2025)






