Salgo le scale che mi portano fino al foyer del Teatro “Alice Zeppilli” di Pieve di Cento.
Prima di entrare nel Museo della Musica, mi fermo un attimo sul lato della soglia, a leggere una memoria apposta dal Lions Club di Pieve di Cento: “Nel Carnevale del 1852, sulle scene di questo sito teatrale, sotto l'amorevole guida del pievese Luigi Vedrani, appena sedicenne fece il suo debutto Filomena Rustichelli, passata alla storia del melodramma con il nome glorioso di Isabella Galletti, 'la più grande fra le grandi artiste'”.
Da sola questa memoria potrebbe bastare ad esprimere il significato della musica nella vita delle persone. Possiamo letteralmente sentire l'emozione di una giovane che sale per la prima volta sul palco, il senso di attesa e curiosità del pubblico in platea e poi il silenzio interrotto dall'inizio dello spettacolo, con i suoi suoni e le sue voci.
Tuttavia, la città di Pieve di Cento ha voluto fare molto di più, raccogliendo nel foyer del teatro, già di per sé una splendida e raffinata location, un'interessante collezione di strumenti musicali, tradizionali e non, la maggior parte a corda, provenienti da diverse donazioni o prestiti, ed insieme raccontare la storia della liuteria - un'arte alla quale questa città è particolarmente votata per tradizione - e la storia degli artisti che questi strumenti li hanno progettati e poi suonati o che dal Centopievese sono partiti per poi diffondere le loro arti in giro per il mondo.
Alcuni di questi strumenti mi hanno colpito particolarmente. Nella prima sala è presente, ad esempio, una Bàtla del 1768. La battola veniva suonata dal campanile della chiesa nella settimana santa, quando le campane erano “legate”. Attraverso una manovella si azionavano le aste metalliche il cui suono, simile ad un tamburo, amplificato da una cassa armonica in legno, era udibile in tutte le campagne circostanti. Era un modo per richiamare le genti alle funzioni religiose ed era impossibile non sentirlo, dato il fracasso che lo strumento produce ancora oggi.
Ancora, entro un mirabile armadio a doppio corpo del secolo XVII, sono esposti un mandolino degli inizi del '900 appartenuto al pittore SEPO (Severo Pozzati), una chitarra liuto di probabile provenienza austriaca datata tra la fine del secolo XIX e l'inizio del XX secolo, ed una chitarra di Giovanni Battista Fabricatore del 1795: intarsi in madreperla e raffinate decorazioni su legno pregiato fanno di questi strumenti qualcosa di unico ed inimitabile.
In un'altra sala sono esposti gli strumenti musicali costruiti da Luigi Mozzani risalenti agli anni '20 e '30 del Novecento. C'è una splendida Chitarra lyra a un braccio utilizzata dal maestro liutaio nei concerti. E poi c'è un Mandolonbasso, uno strumento a 8 corde del quale vorrei tanto conoscere il suono. Una parte degli strumenti esposti sono presenti in una foto che ritrae alcuni musicisti tedeschi in visita al laboratorio Mozzani di Cento. Questo per dimostrare quanto l'arte di questo maestro abbia valicato i confini italiani per diffondersi nel mondo. Nato a Faenza nel 1869, fu concertista e docente di chitarra, compositore, liutaio ricercatore e sperimentatore. A Cento, nel 1907, avviò un laboratorio con moderni concetti costruttivi per ottenere strumenti in gran numero ma di buona fattura e qualità. Si avvalse della collaborazione di molti liutai pievesi e di molti giovani, diventati poi professionisti, per realizzare una vasta gamma di strumenti ad arco ed a pizzico molto apprezzati da collezionisti in Italia ed all'estero.
Nella sala dove trova posto un magnifico pianoforte Pleyel del 1868 (comodato da Nino Migliori), possiamo ammirare alcuni degli strumenti ideati dai suoi allievi. Troviamo, ad esempio, la Chitarra G40 in plastica progettata da Mario Maccaferri negli USA negli anni '50, che fu l'erede dello spirito più eclettico di Mozzani e la cui passione per la liuteria venne trasmessa al nipote, Alessandro Maccaferri, che proseguì la tradizione nel laboratorio di Cento dal 1982 al 2021. Poi possiamo notare una Chitarra Archtop in mogano progettata da Claudio Gamberini nel 1960. Gamberini fu una delle figure principali della “Liuteria Mozzani”, dove apprese la tecnica di costruzione di tutta la gamma di strumenti ad arco, a plettro ed a pizzico. Pur con le difficoltà causate dalla crisi economica e poi dalla Seconda Guerra Mondiale, rimase sempre legato all'arte della liuteria e la sua opera è stata molto apprezzata in Italia e all’estero da musicisti, commercianti e collezionisti e specie dagli orchestrali dei complessi a plettro e a pizzico che riconoscevano ai suoi mandolini e chitarre pregi di buona fattura e sonorità.
E a proposito di liuteria, non poteva mancare all'interno del museo uno spazio dedicato al laboratorio del liutaio. A Pieve di Cento botteghe di liutai sono documentate fin dal '700 e nel Centopievese questo mestiere di artigianato artistico ha avuto, dalla fine dell'800, maestri di riconosciuta fama mondiale, fra i quali, oltre al già citato Luigi Mozzani, il suo allievo Claudio Gamberini, Carlo Carletti, Orsolo Gotti. Tra gli anni '60 e '70, per il progressivo declino delle botteghe, rimasero attivi solo pochi maestri liutai. Dal 1982 a oggi le sorti della liuteria sono affidate alla Scuola di Artigianato Artistico del Centopievese, in particolare alla Scuola di Liuteria, situata nella Porta Ferrara, che ha avviato corsi amatoriali tutt'oggi molto frequentati.
Nella sala degli strumenti di Luigi Mozzani c'è un caminetto sormontato da un bellissimo specchio. Che curioso, ad un certo punto immagino il fuoco scoppiettare per riscaldare quello che un tempo doveva essere un salottino, dame e gentiluomini in abiti ottocenteschi seduti sul divanetto lì accanto a conversare amabilmente prima dello spettacolo. E come se fossi in mezzo a loro, in un altro tempo, li seguo mentre entrano nel teatro e si siedono sulle eleganti poltroncine ricoperte di velluto rosso. Mi dirigo verso il palcoscenico, salgo, e da qui riesco ad osservare tutto molto meglio. Il teatro è un raro esempio di luogo per spettacoli sorto all'interno di un Palazzo Comunale (il secondo in Italia, per ampiezza, tra quelli realizzati in questo modo) ed esisteva già nella seconda metà del 1700 come teatro della sala. Poi rinacque in forma di teatro all'italiana su progetto dell'ingegnere centese Antonio Giordani (1813- 1897) e venne inaugurato il 25 agosto 1856 con il Trovatore di Giuseppe Verdi.
Antonio Giordani strutturò il teatro con cavea a ferro di cavallo circondata da tre ordini di palco le cui parapettate sono a fascia, lisce e sporgenti, raccordate al palco da un arcoscenico architettonico. Le decorazioni sono semplici ma raffinate: sulle balconate dei palchi, separati da finte colonnine con volute in legno dipinto, si susseguono fregi in stucco dorato, come pure sull'arcoscenico. La decorazione pittorica a velario del soffitto presenta festoni che raccordano dodici medaglioni. Anche i termosifoni, originali dell'epoca, presentano eleganti decorazioni floreali.
Alle mie spalle si conserva ancora l'antico sipario, opera di Adeodato Malatesta (1806-1891), che raffigura Esopo che parla ai pastori. Il telero, composto da 11 tele cucite assieme, ha una dimensione di 5,80 x 7,30 metri. La scena è particolarmente evocativa del talento teatrale: Esopo era un grande favolista greco. Ex schiavo, vissuto sei secoli prima di Cristo, incanta pastori e contadini con i suoi racconti. Malatesta lo rappresenta con una mano deforme così come vuole la tradizione. Nel 2001 il grande telero fu recuperato dalla restauratrice Licia Tasini.
Dopo il restauro del 2003, il teatro fu intitolato alla celebre soprano Alice Zeppilli. Artista di grande talento e bellezza e molto nota ai suoi tempi insieme al marito, il pievese Giuseppe Alberghini, primo violoncellista nelle principali orchestre americane, la Zeppilli intrecciò rapporti di amicizia con Gabriele D'Annunzio, Enrico Caruso ed altri cantanti d'epoca.
Con il riallestimento del Museo seguito alla ristrutturazione dei danni del sisma del 2012, grazie al cospicuo lascito di documenti e testimonianze dei due artisti voluto dall'erede Giuseppina Melloni, è stato possibile allestire al secondo piano una sala a loro dedicata, dove oltre ad essere esposti vari cimeli della soprano e del marito, è stato anche riprodotto un camerino con gli arredi e gli accessori originali della celebre cantante: ci sono un pianoforte americano Benedict, numerosi ritratti, fotografie con dediche (alcune molto simpatiche) di noti colleghi e amici – tra cui Caruso e la Callas – lettere e cartoline, ritagli di giornale e riviste d'epoca, dischi, costumi e accessori di scena e il bellissimo baule da viaggio che ha seguito Alice nelle sue lunghe tournée. Osservatelo bene: non vi ricorda in qualche modo i bauli magici che compaiono nei film della saga di Harry Potter?
C'è ancora un'ultima cosa da fare prima di andare: attraverso un corridoio raggiungo l'ultima fila di palchi del teatro ed ammiro il teatro visto dall'alto. E il sogno ricomincia. Nell'elegante sala affollata le luci si abbassano e cala il silenzio mentre l'antico sipario si apre. Salgono sul palcoscenico i musicisti, la banda, i campanari, i cantanti, gli attori, ma anche i liutai, i maestri, quanti hanno promosso nuovi talenti e l'arte musicale in questo territorio, quanti ancora hanno sostenuto il museo con donazioni e prestiti che lo hanno reso una raccolta di memorie importantissima.
Nella sala c'è un moto di commozione intenso. Avevano ragione i Padri Scolopi, che nel 1642 fondarono a Pieve di Cento la loro scuola per la popolazione e vollero inserire la musica fra le materie obbligatorie perché dicevano: “La musica addolcisce il carattere ed educa a buoni sentimenti”. Gli spettatori si alzano in piedi, comincia un applauso lunghissimo, eterno, antico, ai veri protagonisti di questa magnifica avventura nella musica, degna di una delle migliori storie di Esopo.
E lo spettacolo, con tutta la sua magia, è solo all'inizio.
Ringraziamenti:
Ho sempre pensato che sono le persone che custodiscono i musei, specie quelli di provincia, a fare la differenza nell'esperienza di visita. In merito, ringrazio moltissimo Steve per avermi accompagnato lungo tutto il percorso con grande passione e capacità di confronto. Devo a lui l'ispirazione con la quale ho scritto questo articolo.
Bibliografia, documenti, link ed altri materiali utili alla stesura dell'articolo:
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Per il Museo della Musica:
- Museo della Musica dal sito del Comune di Pieve di Cento -
Il Teatro Comunale Alice Zeppilli:
- Comune di Pieve di Cento – storia del teatro
- Teatro Comunale Alice Zeppilli su Wikipedia -
La scuola di liuteria:
- Scuola di liuteria del Centopievese dal sito del Comune di Pieve di Cento
- Scuola di Artigianato Artistico del Centopievese ETS -
Gli artisti e i liutai:
- Chitarra e custodia, Giovanni Battista Fabricatore, Napoli, 1797 – Museo Nazionale degli strumenti musicali di Roma
- Luigi Mozzani e la storia di liuteria italiana
- Luigi Mozzani su Wikipedia
- Mario Maccaferri sito ufficiale
- Gli strumenti in plastica di Mario Maccaferri – articolo a cura di FBASS pubblicato su accordo.it (22 settembre 2013)
- Claudio Gamberini, un liutaio fra Pieve, Cento e Bologna – opuscolo disponibile sul sito della Tipografia Bagnoli, realizzato con la collaborazione di Assessorati alla Cultura dei Comuni di Cento e Pieve di Cento, Scuola di Artigianato Artistico del Cento
- Alice Zeppilli su Wikipedia
- Alberghini Giuseppe su SIUSA
- Isabella Galletti Gianoli su Wikipedia -
Che suono fanno alcuni degli strumenti visti al museo?
- Fantastic Plastic - Vintage Maccaferri G40 – video realizzato da Leon Todd sul suo canale Youtube
- Luigi Mozzani, Preludio. Chitarra-lyra: Simona Boni – video pubblicato sul canale Youtube Simone Chezzi – Clavicembalo Organo
- Claudio Gamberini, Bologna 1965 | Violin Demonstration – video pubblicato sul canale Youtube di Brobst Violin Shop
- Mauro Giuliani - Overture to Rossini's "Elisabetta, regina d'Inghilterra" (Fabricatore guitars) – video pubblicato sul canale Youtube di ThomasBranderss



