Nei secoli passati, quanti attraversavano i territori compresi tra Bologna e Ferrara si imbattevano costantemente in ampie zone paludose che formavano una vera e propria barriera naturale tra loro e la destinazione.

Camillo Saccenti, 1682Secondo alcune testimonianze del XVII e XVIII secolo le vie di comunicazione più frequentate erano il Canale Navile e la "Strada di Galliera", ma nelle cartografie sono indicati altri tracciati, come la via delle Lame (o Lamme) che costeggia il Reno fino a Pieve di Cento, e la via S. Donato, che una volta raggiunto S. Martino in Soverzano, al limite delle valli di Baricella, si insinuava nella strada "Savena Vecchia" che corre nell'antico alveo del Savena.

La scelta dell'uno o dell'altro percorso dipendeva in genere da fattori stagionali e metereologici e sono stati proprio i viaggiatori delle pianure a narrare le vicissitudini del loro viaggio.

Percorsi antichi da Bologna a FerraraUn viaggiatore che percorreva la via Galliera con la pioggia incontrava un terreno umido e sdrucciolevole impossibile da percorrere a piedi e molto difficile a cavallo. D'altro canto, chi risaliva il Navile in barca, poteva essere costretto a proseguire in carrozza per l'acqua troppo bassa. Lungo questo canale, alla fine del Settecento, si potevano raggiungere Ferrara e Venezia per tre zecchini. Il burchiello partiva tutti i venerdì alle otto di sera. Passando su differenti canali e con tre cambi di barca si arrivava a Ferrara al mattino. Alle tre del pomeriggio si ripartiva e l'indomani, verso le quattro di sera, si era alla vista di Venezia.

Il Canale Navile dopo BentivoglioNel mezzo del percorso, si trovavano Bentivoglio, col suo sontuoso palazzo sorto in fortezza con torre, poi di nuovo un paesaggio di acquitrini e paludi, che alla fine del XVIII secolo verranno occupati dalle prime risaie, e successivamente i territori "annegati" di Malalbergo dove si sostava in una "osteria infame di nome e di fatto".
"Quivi comincia la palude Pelusa e, navigando con alcune barchette che si chiamavano sandoli, si va al Battifredo, che è una taverna, e quindi alla Torre della Fossa posta sopra la riva del Po".


Medaglia di Lucrezia d'Este Borgia, Giancristoforo Romano, 1502E' interessante ricordare come sul Canale Navile da Bentivoglio a Ferrara viaggiò anche
Lucrezia Borgia quando andò in sposa ad Alfonso I d'Este. Una volta arrivata a Malalbergo, Lucrezia incontrò il suocero Ercole I e la cognata Isabella. Nonostante il tragitto fluviale successivo al porto malalberghese fosse poco sicuro a causa del livello delle acque troppo basso, il viaggio venne comunque affrontato e Lucrezia salì sul dorato bucintoro ducale che, percorrendo il canale, la portò a Ferrara il 2 febbraio 1502, dopo quasi un mese dalla partenza da Roma.

 

Chi visitava la pianura bolognese come forestiero la trovava vastissima, ricca di vigne e frumento, con una terra assai fertile ma che sembrava non del tutto sfruttata nelle sue potenzialità "per la pigrizia e il disinteresse degli abitanti". Il duro giudizio si affievoliva di fronte allo spettacolo notturno di una miriade di lucciole.

Nell'avventurarsi verso Ferrara, il viaggiatore di rango più elevato preferiva solitamente servirsi della carrozza. Ma la strada in estate era buona e piacevole quanto impraticabile d'inverno. I punti di sosta erano pochi ed insoddisfacenti ed il fango spesso bloccava le vetture. Montaigne, nel Cinquecento, annotava che il pantano constringeva "molti del paese a camminare muniti di rialzi alti mezzo piede".

 

Osteria della Posta di San Carlo (FE), Andrea Chiesa e Giuseppe Benedetti, 1740Come già narrato dai viaggiatori, lungo questi tragitti si trovavano le stazioni di posta. In genere disponevano di un fabbro, che forniva molti servizi come la ferratura dei cavalli, osterie o locande nelle quali trascorrere la notte e/o un servizio diligenza. Sulla via Lame sono note ad esempio quella di Malacappa e del vicino borgo di Savignano. A San Giorgio di Piano, si trovavano una osteria ed una stazione di posta nella palazzina di via Giovanni XXIII 7. Nella loggia della palazzina ancora oggi l'effigie di una Madonna con Bambino, circondata da diversi dipinti che ritraggono scene di viaggiatori in pericolo a bordo di mezzi di trasporto come carrozze o automobili salvati dalla sua apparizione, ci ricordano la natura del luogo oltre alla grande speranza riposta nella Vergine riguardo ad un viaggio sicuro. Al crocevia fra tre località - Argelato, Castel D'Argile, Mascarino – probabilmente su un tragitto che un tempo doveva ricoprire una maggiore importanza, c'era (ed esiste ancora) l'Osteria della Stella, che offriva ristoro a viandanti e pellegrini.
Osteria della Posta di San Carlo nel 1919 - Fonte Terre del Reno Archivio FotoAnche a San Carlo, le mappe antiche documentano la presenza di una stazione di posta accanto ad un'osteria (mappa di Andrea Chiesa e Giuseppe Benedetti del 1740).

 

Soffermiamoci ancora un momento su chi partiva da Bologna e, uscendo dalla Porta Galliera, dopo tre miglia raggiungeva Corticella. Successivamente, passando il ponte sopra il Navile e camminando per la strada dritta, si giungeva a San Giorgio Castello (San Giorgio di Piano). Due aristocratici francesi, all'inizio del XVIII secolo, lo definirono miserabile e con un "pessimo albergo", privo di quei servizi che potevano consentire al viandante il recupero delle forze per continuare il viaggio. San Pietro in Casale, benché situato in zona fertile, si presentava deserto, fortemente segnato dalle alluvioni del Reno e dall'espandersi delle valli che già ricoprivano perennemente il territorio di San Vincenzo e di Galliera, quest'ultima ricordata proprio per la sua "cattiva aria".

Poco più a nord ci si inoltrava nelle valli del Poggio (Poggio Lambertini o Poggio Renatico), attraverso le quali si raggiungeva Ferrara, un tragitto di 32 miglia che nel 1790 comportava una spesa di otto 'paoli' per ogni coppia di cavalli.

 

Territorio di Galliera, Andrea Chiesa Giuseppe Benedetti, 1740Riguardo al tragitto poco sopra citato, vorrei soffermarmi sulla testimonianza di un viaggiatore del 1708 che è stata trovata durante il riordino dell'Archivio Parrocchiale della Chiesa di Sant'Agostino. Il percorso citato dal viaggiatore è proprio quello della via Galliera fino a San Pietro in Casale, "...di dove per la via a mano manca transitandosi avanti la chiesa di S. Alberto, si passa alla tombetta dei S:ri Malvezzi, e di lì vultando a mano sinistra si porta alla chiesa parochiale di Galiera, dalla quale vultando a man destra dietro il scolo chiamato Riolo si passa avanti il torrazzo detto di Galiera, e seguitando detto scolo si giunge al ponte di pietra, sopra cui si transita e s'entra à diritura sopra la Via Nuova, che conduce alla strada detta la Via Bassa, per la quale vultando a man destra si giunge alli portici della piazza del medesimo S. Agostino, in capo a quali a mano destra è posta de:a Chiesa, che è giuspatronato degli ill.mi Si:ri Ariosti (...)".
Da Galliera a Sant'Agostino, Andrea Chiesa, Giuseppe Benedetti, 1740E' interessante come questo viaggiatore descriva sia emergenze ancora presenti sul nostro territorio, come la fattoria ed il fondo la Tombetta, la torre di Galliera e lo scolo Riolo, ma anche elementi e percorsi oggi non più esistenti per i mutamenti ai quali è stato sottoposto il territorio nel corso dei secoli. La via Bassa è l'attuale via Matteotti di Sant'Agostino. La via Nuova era invece un'antica via corrispondente circa all'attuale via Bianchetti, che collegava Sant'Agostino a San Venanzio. Riesce difficile immaginarlo oggi, ma prima del 1750 (Rotta della Panfilia) il Reno non scorreva in mezzo a questo territorio. Quindi, nel 1708 il nostro viaggiatore poté raggiungere direttamente Sant'Agostino attraverso questa strada.

 

Come già detto, non tutti i viaggiatori seguivano questo tragitto poiché la strada spesso era impraticabile e preferivano, non appena passato il Castello di San Giorgio, dirigersi ad ovest verso Pieve di Cento. Una volta attraversato il Reno e pagato il relativo pedaggio, percorrevano la strada che costeggiava il fiume fino a San Carlo, aggirando a settentrione le paludi.

 

Da queste testimonianze si comprende chiaramente come un viaggio da Bologna a Ferrara fosse una vera e propria avventura, qualsiasi fosse il tragitto scelto. Citando quando ha scritto Riccardo Galli come commento ad un post sull'argomento pubblicato sulla mia pagina facebook, "...la cosa che sorprende in un terreno così problematico è comunque la presenza caparbia dell'uomo, che resisteva nonostante il susseguirsi delle inondazioni e del clima decisamente malsano".

Avventurieri, commercianti, pellegrini, intellettuali, nobili, artisti, uomini di chiesa o di governo: tutti coloro che hanno attraversato i nostri territori di pianura sono stati coraggiosi, determinati e, soprattutto, pieni di risorse. Nonostante le difficoltà del terreno e le insidie climatiche, la loro resilienza ha scritto storie di avventure e speranze, che ancora oggi si intrecciano con il paesaggio, testimoniando la forza e la capacità dell'uomo di affrontare e resistere a sfide secolari.

 

 

Bibliografia, documenti, link ed altri materiali utili alla scrittura dell'articolo:

 

Genziana Ricci
Sono Genziana Ricci, una blogger curiosa e da sempre appassionata di storia, cultura e arte. Ho creato questo blog per condividere con i lettori piccole e grandi storie del territorio di pianura bolognese, ferrarese e modenese. Credo profondamente nel valore del confronto e della divulgazione di conoscenze legate alla nostra storia, alle tradizioni e alla cultura del territorio, perché sono parte della nostra identità e possono offrire alle nuove generazioni insegnamento e arricchimento. Del resto, la storia ha bisogno di camminare sempre su nuove gambe.

 

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